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mercoledì 17 ottobre 2012

LICENZIATI DALLA CGIL: LETTERA INDIGNATA ALLA STAMPA


4 Ottobre 2012 la Cgil di Cosenza condannata per aver sfruttato e sottopagato un dipendente; 16 Ottobre 2012 La Filcams - Cgil di Padova condannata per mobbing (si allega la sentenza).
Due sentenze brucianti nel giro di pochi giorni dovrebbero far riflettere ma anche suscitare indignazione. In tempi in cui la questione morale imperversa sulle pagine di tutti i giornali (in tutti i talk-show non si parla d’altro del declino della politica, della crisi dei partiti ecc..) ci si chiede come sia possibile che nessuno, fatta eccezione per qualche voce fuori dal coro(informazione libera, testate minori, internet), senta il bisogno di far conoscere ai cittadini la verità su quanto sta accadendo dietro le quinte del più grande sindacato italiano.
  Più di una trentina di casi in tutta Italia, alcuni processi già conclusi a favore dei lavoratori, altri ancora in fase dibattimentale. Siamo lavoratori giovani e meno giovani. Le nostre storie sono pubbliche (ci siamo autorganizzati in un blog www.licenziatidallacgil.blogspot.com) per dare voce al silenzio che si è steso sulle nostre vite come una cappa pesante.
Finti contratti di collaborazione a progetto, lavoro nero, nessun rispetto delle norme contrattuali, licenziamenti discriminatori, mobbing e si potrebbe continuare, purtroppo, a lungo. Come è possibile che tutto ciò non indigni? Che non riesca minimamente a scalfire l’opinione pubblica? Eppure anche i sindacati vivono con i contributi pubblici, proprio come i partiti. Non solo: i lavoratori devolvono una cifra annuale dalla loro busta paga per sostenere coloro che dovrebbero difendere i loro diritti. Sanno in lavoratori che i loro soldi vengono usati anche per pagare gli avvocati che devono difendere alcuni dirigenti della CGIL dalle accuse dei lavoratori licenziati? No. Non lo sanno.
 Sanno i cittadini italiani che parte delle finanze pubbliche vengono erogate ai sindacati solo ed esclusivamente in relazione alla missione che hanno deciso di svolgere dal momento della loro costituzione fino ad oggi? E sanno che in alcuni casi questa missione è stata tradita? No. Non lo sanno perché i grandi giornali, i mezzi di comunicazione di massa tacciono su tutte queste vicende. Eppure sono ben note. E’ dal 2010 che internet è pieno di dichiarazioni, di fotografie, di ricorsi e sentenze. Ma non basta. Ci si ostina a nascondere la polvere sotto il tappetino. Dal canto loro i vertici di Corso d’Italia insistono sul fatto che si tratta di casi isolati e comunque di pochissimi casi. Cosa importa? Anche un solo caso dovrebbe far scatenare la rabbia.
Che fine hanno fatto i dirigenti che hanno perpetrato le ingiustizie a danno dei lavoratori? Sono stati puniti? Cacciati? No. Nella maggior parte dei casi sono ancora lì. Continuano la loro attività sindacale, malgrado le sentenze siano già state emesse. Malgrado la legge li abbia condannati. Eppure in questi casi nessun giornalista ne chiede le dimissioni.
Nessuno scrive che  la CGIL nazionale ha deciso di querelare per diffamazione uno dei pochi che ha deciso di metterci la faccia (Luigi Monfredi del TG1). L’inizio del processo a suo carico è fissato proprio per il prossimo 20 ottobre. Perché non sentiamo nessun giornalista indignato alzare la voce dalle colonne del suo quotidiano per il fatto che la grande organizzazione sindacale – la stessa che scendeva in piazza per la libertà di stampa nell’era Berlusconi – decide di trascinare in giudizio un collega che stava informando i cittadini di una manifestazione sotto la sede nazionale della CGIL? Dieci giorni siamo stati lì sotto a chiedere alla Camusso un incontro. Dieci interminabili giorni.
 Abbiamo anche occupato simbolicamente la sede del NidIL Cgil. Com’è possibile che tutto ciò non faccia notizia? Che nessuno si interroghi sulle responsabilità oggettive che vanno ben al di là della soggettività delle azioni che investe i singoli dirigenti locali. Perché la CGIL non può permettersi zone d’ombra. Deve essere chiara. E se deve punire lo faccia senza ulteriori indugi. Altrimenti saranno tutti complici.
 Detto questo sorge spontanea una domanda: la crisi della politica, l’astensionismo galoppante, la discussione sul rinnovamento all’interno dei partiti sarebbero stati pensabili senza l’informazione dei media? Se i cittadini fossero rimasti all’oscuro di quanto stava accadendo nelle varie regioni, nei comuni avrebbero manifestato per chiedere chiarezza e coerenza ai politici? E se la stampa e gli intellettuali non si fossero mobilitati raccogliendo le firme oggi la legge anti corruzione sarebbe all’ordine del giorno nell’agenda politica? Queste domande non sono avulse rispetto al contesto in cui si inseriscono le nostre denunce.
Il rinnovamento della politica, la questione morale non investe solo i partiti (e nemmeno solo una parte di essi). Riguarda anche il sindacato. L’interesse a fare pulizia e a cacciare chi ha tradito i valori e gli ideali dell’organizzazione deve essere innanzitutto della stessa CGIL. Noi oggi chiediamo, per l’ennesima volta alla Camusso e ai sindacalisti perbene della CGIL (che sappiamo essere in tanti) di far sentire le loro voci autorevoli su queste vicende. E ai giornalisti seri di questo paese chiediamo di smetterla di tacere su di noi. Perché la verità è un diritto. E perché non si potrà continuare a tenerci chiusi in cantina a lungo. Anche perché noi non abbiamo alcuna intenzione di desistere dalla nostra lotta per riappropriarci dei nostri diritti di cittadini e di lavoratori.

Lavoratori licenziati dalla CGIL

NUOVA CONDANNA PER LA CGIL


La Cgil condannata per mobbing

16/10/2012 - La Filcams e il suo ex segretario dovranno pagare 43mila di risarcimento ad una dipendente "progressivamente emarginata"

La Cgil condannata per mobbing

Lo riporta Felice Paduano sul quotidiano Il Mattino di Padova. La Filcams-Cgil, il sindacato di categoria del commercio, ed il suo ex segretario, Andrea Donegà, dovranno risarcire per 43mila euro una dipendente “progressivamente emarginata”, Vally Benato, assunta nel 1978 e dal 1996 responsabile dell’ufficio vertenze di Padova.


43MILA EURO ALLA DIPENDENTE – Scrive Paduano:
Il giudice del lavoro, Barbara Bortot, ha deciso che alla Benato sia risarcito un importo pari a 35.339, 40, più le spese processuali, che assommano a 6.510 euro, per i “danni patiti” dalla ricorrente. In più ha intimato alla Filcams ed a Donegà di rifondere alla vincitrice del ricorso i 1.230 euro di spese mediche che aveva sostenuto, a suo tempo, per curarsi dalla patologia da cui era affetta. Ossia dalla sindrome ansiosa depressiva, come, d’altronde, accertato dalla perizia medico legale disposta dal magistrato durante l’istruttoria. In tutto, interessi compresi, Cgil e Donegà dovranno sborsare circa 43 mila euro. In pratica il giudice Bortot, nel depositare la sentenza nella cancelleria del tribunale il 28 settembre scorso, ha riconosciuto all’ex coordinatrice dell’ufficio vertenza della Camera del Lavoro, sia i danni biologici che morali, così come, in passato, è stato sentenziato più volte dalle sezioni unite della Corte di Cassazione in casi simili. Questa storia, tutta interna alla Cgil, che è stato il primo sindacato a Padova a promuovere le cause per mobbing ai lavoratori dipendenti ed in particolare alle donne nel periodo in cui, in via Beato Longhin, la Filcams era guidata da Andrea Donegà e l’ufficio vertenze dalla Bennato.
Nella sentenza il giudice parla espressamente di “volontà (di Donegà, nda) di voler gestire la sua organizzazione con criteri personali”. Come hanno testimoniato alcuni colleghi di lavoro, tra segretario e Benato si erano subito verificate numerose liti verbali che, in genere, evidenziavano un modo diverso di vivere e lavorare nel sindacato.

 A breve la sentenza sarà disponibile sulla nostra pagina FB.

sabato 6 ottobre 2012

Licenziamento di Paolo Ferraro


La nota a firma della segreteria della Cgil di Cosenza (http://www.cgilcalabria.it/pg/news.asp?notizia=3344&comp=3&cat=1 ) relativa  alla  sentenza di condanna  emessa dal giudice del lavoro per la   violazione dei diritti elementari del lavoratore Paolo Ferraro perpetrati e reiterati nel  tempo dalla stessa Cgil (Paolo era pagato  250 euro  al mese in nero ) emessa dal giudice del lavoro,suscita  alcune doverose riflessioni,non foss’altro per evitare di continuare a fornire all’opinione pubblica , agli stessi gruppi dirigenti della cgil nonche’ alla grande platea dei lavoratori e dei pensionati una lettura distorta e ingannevole  di quanto purtroppo, nel corso degli ultimi anni  accade all’interno del piu’ grande sindacato italiano. Il gruppo dirigente cosentino della Cgil sulla falsariga di quanto peraltro gia’ piu’ volte sostenuto dalla Cgil nazionale,riconduce la vicenda Ferraro e la  conseguente condanna del giudice del lavoro a semplice caso isolato e a conseguenti responsabilita’ soggettive .Ancora una volta ,perseverando nell’ errore politico, si cerca di nascondere la polvere sotto il tappeto e il gruppo dirigente cerca di nascondere la testa sotto la sabbia. Decine di casi  come quello di Paolo sono sparsi in tutt’Italia Una miriade di cause  si stanno svolgendo nei tribunali ,nei casi piu’ gravi, accompagnate perfino da inchieste dell’autorita’ giudiziaria per accertare eventuali responsabilita’  penali collaterali alle cause di lavoro. Le cause in corso contro la Cgil, che hanno sempre per oggetto il  lavoro nero, lavoro irregolare, mobbing, intermediazione illecita di manodopera, illegittimi licenziamenti molestie sessuali e purtroppo molto altro ancora.
Tutti questi casi sono stati piu’ volte portati a conoscenza diretta degli organismi di controllo della confederazione ai piu’ alti livelli e in piu’ di una circostanza perfino all’attenzione della segretaria generale della Cgil  nazionale Susanna Camusso, ivi compreso il caso di Paolo Ferraro. Per questa semplice ragione riteniamo legittime alcune domande:
Perche’ pur  sapendo, la Cgil nazionale decide di lavarsene le mani?
Perche’ non vengono preventivamente attivati gli organismi di controllo previsti dallo statuto nazionale della Cgil?
Perche’ le commissioni di garanzia non svolgono  la loro funzione prima delle sentenze?
Perche’ i gruppi dirigenti a tutti i livelli a conoscenza di questi casi non assumono  alcuna posizione mantenendo comportamenti omertosi?
perche’ il direttivo nazionale della Cgil non ha mai discusso di queste questioni?
Perche’ si continua imperterriti a negare,a minimizzare,a tacere su quanto sta accedendo in tutt’ Italia?In questa fase ci si interroga tanto,sui media e tra la gente sulla perdita di credibilita’ della politica,delle istituzioni,ma ,ci chiediamo,forse lo stesso sta accadendo all’interno della Cgil e nessuno vuole accorgersene forse per le stesse ragioni per cui nessuno si accorge degli scandali e delle illegalita’ che si consumano, ormai quasi quotidianamente all’interno di altre forme associate di rappresentanza?
Sostenere   che la sentenza del giudice del lavoro di Cosenza,come prima la sentenza di reintegro sul posto di lavoro di Ciro Crescentini ,illegittimamente licenziato, con la conseguente condanna della Cgil ,la condanna della Cgil di Ragusa nel caso di Tommaso Fonte,altri casi precedenti  di pronunciamenti dei tribunali della Repubblica  di condanna della Cgil ed altre sentenze che sono gia’ in fase di definizione,rientrerebbero all’interno di una casistica quasi ordinaria di cui sarebbero responsabili solo singoli dirigenti che verranno appositamente sanzionati,ci lascia inebetiti e sconcertati.Com’e’ evidente la questione riguarda i la Cgil tutta,l’intero gruppo dirigente nazionale, addirittura l’intero movimento sindacale e politico del nostro Paese,perche’ certamente, gli iscritti , i lavoratori e tutti i cittadini che in questa fase di gravissima crisi economica e sociale,di perdita continua di posti di lavoro, di dramma per le condizioni di vita delle persone,non possono certo permettersi il lusso di vedere il piu’ grande sindacato italiano continuare a  perdere costantemente credibilita’ e moralita’,cadere nella illegalita’ latente,reiterata e permanente, con la violazione di elementari diritti,contraddicendo cosi’ apertamente principi e valori insiti nella storia  centenaria della Cgil e la sua stessa funzione sindacale ma anche civile,politica e sociale.


Licenziati dalla Cgil