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domenica 17 febbraio 2013

LA CGIL DEVE SOSPENDERE I DIRIGENTI INDAGATI E RINVIATI A GIUDIZIO, COME CHIEDE LO STATUTO


Gli ultimi due provvedimenti adottati dall'autorita' giudiziaria nei confronti di due segretari generali delle Cgil di Messina e Ragusa (di cui si allega il rinvio a giudizio del Segretario Avola), per le ipotesi di reato di falso e diffamazione e le altre denunce penali pendenti e in itinere,non possono non indurci ad una qualche riflessione diciamo di contesto,sulle vertenze che riguardano i lavoratori e le lavoratrici licenziati dalla Cgil nel quadro piu' generale di quanto sta avvendo e continua ad avvenire nel nostro Paese ma anche,e ci dispiace,all'interno del piu' grande sindacato dei lavoratori.

Nel giro di qualche anno infatti si e' passati repentinamente e per lo piu' nel silenzio mediatico,da una crisi di deficit democratico  delle forme di rappresentanza politica e sociale (partiti e sindacati) ad una situazione nella quale, giorno dopo giorno,si rivelava  una crisi quasi strutturale e di sistema.Una crisi di sistema che disvelava costantemente, sopratutto attraverso l'emersione di scandali direttamente riconducibili ad una ampio e articolato contesto di corruzione e di corruttela che le inchieste giudiziarie hanno fatto emergere con dirompente quotidianita'(ad esempio il caso Penati prima e poi il caso Lusi, Batman Fiorito, i soldi della Lega Nord, le ipotesi di truffa e peculato in tanti consigli regionali, gli scandali nella sanita' e poi ancora la vicenda Montepaschi e di questi giorni quella Finmenccanica e potremmo ovviamente continuare) fino al punto di invocare in questi ultimi giorni - alla vigilia delle elezioni politiche e nel quadro di un contesto socio economico devastante per le poverta' sempre piu' emergenti - lo scenario, sempre piu' concreto, di una nuova tangentopoli. Una crisi di sistema ampia ed evidente che purtuttavia non interroga ancora fino in fondo le ragioni della debolezza della politica da parte di chi ne avrebbe anzitutto le responsabilita', ma determina, viceversa, il progressivo allontanamento della parte sana del Paese, lavoratori e cittadini, dal controllo sociale della cosa pubblica e dal significato dell'azione sindacale. Ascoltare i livelli apicali delle istituzioni politiche e sindacali demandare alla magistratura il compito di smascherare i limiti e contraddizioni del sistema, attraverso gli strumenti propri dell'azione giudiziaria, che per sua natura non potrebbe ne' dovrebbe sostituirsi alle prerogative proprie della politica e degli strumenti del controllo democratico,significa esplicitamente adbicare alla funzione e al ruolo della rappresentanza e della mediazione degli interessi,lasciando, così facendo, praterie enormi alle scorribbande di corrotti e corruttori,faccendieri e tangentisti,opportunisti  e arrivisti all'interno di partiti e sindacati.

Noi che siamo stati costretti a subire sulla nostra pelle di lavoratori,anche se lavoratori in un certo senso particolari, in quanto dipendenti licenziati da un sindacato come Cgil, le anomalie e le contraddizioni evidenti della crisi del sistema,reiteriamo con forza,ancora una volta, l'accorato appello di riportare al centro della discussione il rispetto delle regole interne agli organi di rappresentanza di partiti e sindacati, l'autonomia della loro funzione, il distinguo chiaro nella funzione tra politica e magistratura, l'autodeterminazione e l'autorevolezza di principi etici e morali,ma anche politici e statutari che si muovono e si dovono muovere su ambiti distinti e diversi.

Ecco perche' invitiamo ancora una volta la Cgil ad assolvere autonomamente alle sue funzioni, applicando con rigore ed uniformemente le sue regole interne e i suoi deliberati (di cui alleghiamo copia) anche e sopratutto nei confronti di quei dirigenti che, anche a prescindere  da provvedimenti dell'autorita' giudiziaria, (che nei casi evidenziati purtroppo sono gia' stati assunti) se riconosciuti responsabili di azioni in violazione delle regole interne,devono liberare il campo, affinche' il campo,anche nel sindacato,non venga ricoperto da quell'erbetta verde chiamata "gramigna", che come e' noto, se non estirpata dall'inzio, finisce per propagarsi dappertutto stritolando alberi e frutti e non raramente, determinandone la fine.










































 DELIBERA QUADRO 
Il CSN ha adottato la seguente deliberazione “quadro” sul tema di sanzioni e procedimenti ex art. 3 dello statuto CGIL. 
Per affrontare il tema delle eventuali sanzioni in caso di “reati” di particolare gravità ad esempio quelli connessi all’appartenenza ad associazioni terroristiche, occorre procedere ad una lettura congiunta di vari passaggi dello Statuto CGIL evidenziando le diverse casistiche. 
In particolare 
ART. 26 IV^ COMMA: SANZIONI DISCIPLINARI 
Ci si riferisce ai “casi di particolare gravità, derivanti da sottoposizione a procedimenti penali, con esclusione dei reati di opinione e, comunque, nei casi di provvedimenti restrittivi della libertà della persona, la Segreteria del Centro regolatore di riferimento (o di quello superiore se il caso si riferisce ad un Centro regolatore) può sospendere cautelativamente l’iscritto dalla carica ricoperta o dall’esercizio delle facoltà di iscritto, per il tempo strettamente necessario all’inchiesta e alla decisione di prima istanza e all’esame dell’eventuale ricorso. Il Comitato direttivo del Centro regolatore di riferimento dovrà, entro trenta giorni, ratificare tale decisione. Sono fatte salve la continuità delle prestazioni retributive e previdenziali secondo le modalità previste dal Regolamento del personale. La sospensione cautelativa non costituisce sanzione disciplinare. 
È facoltà dell’iscritto oggetto di tale provvedimento richiedere l’attivazione del Comitato di garanzia competente; in tale caso il provvedimento di sospensione cautelare cessa con le decisioni del Comitato stesso”. 
Si tratta in questo caso di un provvedimento “cautelare” di sospensione il cui scopo è la tutela dell’organizzazione da emanarsi nei casi di particolare gravità, ad esclusione dei reati di opinione, nei quali iscritti/e abbiano compiuto atti per i quali si attivano procedimenti penali e comunque sempre nei casi di provvedimenti restrittivi della libertà. 
Proprio perché si tratta di atti cautelari a tutela dell’organizzazione questi sono assunti dalla Segreteria del centro regolatore di riferimento o di quello superiore in caso si tratti di centro regolatore e non costituiscono sanzione disciplinare. E’ utile rammentare che tali provvedimenti debbono essere ratificati dal CD di riferimento entro 30 giorni dalla decisione di sospensione. Il ricorso dell’iscritto, a differenza dei procedimenti disciplinari ordinari, non produce la sospensione del provvedimento 
fino alla decisione del Comitato di garanzia competente che può confermare o revocare il procedimento (una sorta di Tribunale per il riesame). 
Alla luce della ratio della norma non siamo in presenza della normale procedura che si attiva in caso di sanzione disciplinare (due livelli di giudizio), bensì di una procedura straordinaria (1 solo livello di giudizio). Tutto ciò postula la massima attenzione alla lettera ed allo spirito indicato in relazione alla tipologia dei casi ai quali si applica l’istituto della sospensione cautelare. 
E’ bene rammentare come anche per le “infrazioni” di cui all’art. 26 III^ comma, in particolare quelle di cui alla lettera a): 
comportamenti e atteggiamenti in contrasto con i principi fondamentali dello Statuto; con le regole in esso precisate; con le corrette norme di leale comportamento nell’organizzazione; con le norme fissate nei regolamenti approvati dagli organi statutari” la prassi ordinaria prevista dallo statuto è l’attivazione del procedimento disciplinare di cui agli articoli 26 e 27. 
ART. 3: ISCRIZIONE ALLA CGIL 
L’art. 3 dello statuto regola sia l’istituto del rifiuto dell’iscrizione, sia quello dell’interruzione del rapporto associativo con la CGIL. 
In particolare l’art. 3 “a tutela dell’organizzazione la domanda di iscrizione viene respinta nei casi di gravi condanne penali, sino all’espiazione della pena, di attività o appartenenza ad associazioni con finalità incompatibili con il presente Statuto (organizzazioni segrete, criminali, logge massoniche, organizzazioni a carattere fascista o razzista). Questi casi rappresentano, altresì, causa di interruzione del rapporto associativo con la CGIL regola tali istituti collegandoli all’ipotesi “di gravi condanne penali, sino all’espiazione della pena, di attività o appartenenza ad associazioni con finalità incompatibili con il presente Statuto (organizzazioni segrete, criminali, logge massoniche, organizzazioni a carattere fascista o razzista)”. In tale ambito sono sicuramente ricomprese le associazioni che praticano la violenza armata e quelle terroristiche. 
Fermo rimanendo l’iter giudiziario che dovrà dimostrare l’appartenenza o meno del soggetto indagato a tali organizzazioni, in virtù proprio dell’esercizio della “tutela dell’organizzazione” posto a base dell’adozione degli istituti di cui al citato art. 3, occorre affrontare in via deduttiva il tema dell’accertamento dell’effettiva appartenenza ad associazioni per le quali potrebbe scattare l’incompatibilità con l’iscrizione alla CGIL. 
La lettera e il senso politico dell’art. 3 afferma la centralità del principio della tutela dell’organizzazione che risulta essere il concetto che porta la CGIL a negare l’iscrizione o ad interrompere il rapporto associativo. Trattasi di un principio politico che in piena autonomia e legittimità la CGIL assume per via statutaria. 
Ora nel caso dell’appartenenza alle associazioni di cui al citato art. 3, sia l’affermazione di appartenenza da parte dell’interessato, sia la non negazione dell’appartenenza, rappresentano fatti dai quali tutelare l’organizzazione. 
In particolare l’appartenenza a tali organizzazioni può essere accertata anche da dichiarazioni esplicite rese dagli stessi soggetti coinvolti nei procedimenti giudiziari nel corso del loro stesso iter. Si tratta di dichiarazioni rese dagli “inquisiti” dalle quali direttamente o indirettamente viene per la CGIL accertata l’appartenenza a tali organizzazioni ( ad esempio il dichiararsi prigioniero politico). 
Va altresì tenuto conto di dichiarazioni dalle quali si evinca la “non negazione dell’appartenenza” ( ad esempio avvalersi della facoltà di non rispondere). In particolare questo istituto previsto dall’art.64 del Codice di Procedura Penale rappresenta un diritto di difesa della persona indagata, ma esso non tutela l’organizzazione nel caso di ipotesi di reati gravi quali quelli di cui all’art.3. L’adozione di questo istituto, a detta di questo Collegio, potrebbe configurarsi anche come violazione dell’art.5 comma 2 dello Statuto CGIL ( le iscritte e gli iscritti sono chiamati a comportarsi con lealtà nei confronti delle altre iscritte/iscritti rispettando i valori e le finalità fissati dallo Statuto); la non negazione dell’appartenenza rientra nella violazione anche del principio di lealtà. Il conflitto tra il diritto individuale alla difesa previsto dal Codice e quello della tutela dell’organizzazione previsto dallo Statuto, non può nell’ipotesi ex art.3 che essere risolto a favore della tutela dell’organizzazione. 
Qualora si fosse in fattispecie diverse per quanto riguarda l’accertamento dell’appartenenza, quali ad esempio notizie a mezzo stampa, occorre procedere ad una valutazione circa la prevalenza di uno dei due diritti, prestando sempre la massima attenzione a quello della tutela dell’organizzazione. 
Stante la natura di non più iscritto del soggetto interessato a seguito dell’avvenuta assunzione delle decisioni di cui sopra, non è possibile ricorrere avverso il procedimento di rifiuto dell’iscrizione o di interruzione del rapporto associativo dall’organizzazione che quindi diviene inappellabile. 
Infine il CSN ritiene opportuno che le decisioni vengano condivise dai Centri regolatori interessati, fermo rimanendo che l’atto con il quale viene deciso il comportamento dell’organizzazione non possa che essere di titolarità del Centro regolatore confederale di riferimento; ciò si può evincere dalla stessa lettera dell’art.3 che fa riferimento all’iscrizione alla CGIL. 
La Presidenza del CSN 
Gentile – Berton - Sinchetto 
Roma, 14 maggio 2007 

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